2010-10-14

491



Stretti nella folla di passeggeri del 491, in piedi da circa mezz' ora, diretti verso una metà irraggiungibile.
Non pensavo che a Roma ci si impiegasse così tanto per arrivare in anticipo in un posto che, da casa mia, raggiungerei in 5 minuti. Incomincio a rimpiangere quell’ euro che avrei potuto impiegare per qualsiasi altra stronzata! Mi sento “leggermente” compresso, stritolato, a tal punto che non riesco più a percepire dove finisce il mio corpo e inizia quello degli altri! Quì c’ è un gomito, là c’è un rene... oh, il mio fegato ha appena fatto amicizia con la mano di qualcuno. Mi sento colare addosso il sudore del magrebino emaciato che si slancia come una corda di violino, per reggersi alla sbarra di ferro sopra di me. Sento la voce di una donna straniera ammonirmi sull’ orecchio sinistro parole slave, slavate, insignificanti. Siamo - tutti - nella - stessa cazzo - di barca. Ognuno con la sua routine da espletare fino in fondo: studenti che si sorridono e parlano di un compito in classe troppo difficile, punk /metallari/rifiuti umani che improvvisano una revisione discografica per il nuovo disco dei “Black Saturn”, rumeni e albanesi sporchi di stucco e calce, pietrificati sui loro jeans – un tempo blu- somiglianti a statue di sale.. più che routine, sembra una ruota della tortura! Ho la nausea. Odio questa fila, fatta di gente che sbraita, si lamenta e ricade curva nelle seggiole di plastica. Almeno io rimango nella mia silenziosa sopportazione, come il magrebino. I finestrini sono aperti, e ogni tanto percepisco anche qualche particella di ossigeno sfiorarmi il viso, ma è un miraggio. L’ aria non circola. Ha così tanti polmoni da sfamare che, prima di arrivare qui, si trasforma in vapore. Una signora anziana ben vestita, laccata e curata si sta specchiando sulla vetrata del bus. Che orrore pietoso vederla con quell’ espressione sulla faccia! Gli angoli della bocca piegati verso il basso, in una smorfia di disgusto per se stessa e gli altri. Dal viso gli pende una carne pallida e raggrinzita - un tempo morbida e rosata– che sembra cibo per cani. Ma a che diavolo sto pensando? La verità è che nessuno riesce ad adeguarsi al tempo, ed è per questo che ora la signora ha rivolto il suo avido sguardo verso una biondina due posti avanti a lei. "Che fa signorina, SCENDE?!", povera ragazza! Martirizzata dal peso dell’ esame di diritto privato, toccata nei suoi anni più splendidi dalla triste consolazione di aver barattato la sua gioventù con un bel pezzo di carta! "Si…no! Non devo scendere" , risponde insicura, stringendosi al petto il suo libro. La vecchia fa strage di spalle e si fa avanti, con gli occhi fissi ai capelli della fanciulla. Chissà perchè, adesso le sorride. Prima fermata: il bus defeca un moltitudine di facce, di sguardi, di situazioni prima di inghiottirne altre. Poi, dopo essersi riempito lo stomaco, ricomincia a camminare, con il suo passo pigro, lento. Ora accanto a me ho un “ ipod vivente ”, che si mette a canticchiare a bassa voce una canzone pop, un po’ triste. Il magrebino! Lo guarda con la mia stessa disapprovazione, poi si gira e cerca di scorgere da lontano la facciata del bus – ambizioso! -. No, nessuno è mai riuscito a vederne la fine, quando è martedì! Chi guida? Chi è che gli sta affianco? Chi grida? Chi ride? Non ci si capisce una mazza! E ill mondo gli scorre accanto, con i suoi cumuli di pattume agli angoli delle strade... con i suoi cani randagi. E’ fastidiosamente veloce,ora. Non ci si ferma mai, se non per scendere o per salire. E siamo tutti qui dentro, diretti verso le stessi posti: pusher, studenti, lavoratori in nero, universitari, nerd, vecchie, giovincelli con la mamma, colf, e in ultimo io… Perché anche se in fondo trovo sconcertante la situazione, ci sono e sto in piedi ( COME IL MAGREBINO CHE PUZZA). Io... sono soltanto un altro passeggero anonimo, uno dei tanti che non si lascia persuadere dalla bellezza del viaggio, che cerca di guardare la postazione del conducente. Abbiamo tutti pagato lo stesso prezzo per essere qua! Essere abusivi in questa marea è del tutto fuorché un privilegio. Perché quando passerà il controllore sono sicuro che non guarderà in faccia nessuno, non noterà nemmeno la puzza di merda che attornia questo bus, né l’ età o lo status sociale, o l’ etnia. Non ci sarà nessuna discriminazione, né tempo per scendere e scappare. Quando il cappellino blu si agiterà tra la folla, si assisteranno a due tipi di reazione: quella di chi vive con sprezzo la vita e tenta stupidamente la fuga, e quella di chi bonariamente cercherà di strapparsi un sorriso dalla faccia esibendo il tesserino. Ora come ora me ne rimango qui, aggrappato a questa sbarra ormai calda, in compagnia di tutti e di nessuno. E’ un po’ come camminare da solo in mezzo alla fila della domenica in centro. Il magrebino ha capito la situazione e lancia delle occhiate al carticino che ha sulle dita.
Ma tu? Tu ce l’ hai il biglietto?


SIMONE PALMIERI

1 commenti:

Anonimo ha detto...

Simone, sei stato veramente bravo, la chiusura molto ironica.
Irene

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