2010-11-08

Parole ambulanti

Un capogiro d’anestesia mi sveglia: seduta su sei gambe, la vertigine percorre il mio contorno.
Mi appoggio faticosamente a me, come ad un pentagramma la nota d’un violento jazz.
Riduco il corpo ad un ammasso di membra gonfie di vuoto, macchine per usi impropri; un apparente groviglio di materia in un balenante moto astratto, di luce e polvere riflessa.
Io, la testa allungata dentro la cassa, quadro introspettivo d’una maligna ironia, vedo l’anfratto dei motori vitali, avviluppati ed avvizziti sotto l’ordine d’un centro rococò.
Sospensione costante di quel che sarei, porto avanti un rocambolesco esperimento pittorico ed esistenziale, sfatato da un dolceamaro odore di respiro e desiderio di respirare ancora, desiderio di porre fine a questi gradi di lontananza, a questo barbarico miraggio, furia di scordar qualcosa d’indispensabile.
Eppure qui perdo solo me, nella carezza d’un ricordo, per non dimenticare la forma familiare di due guanti: turista del vuoto sbiadita dietro un sessanta gradi di pensieri imballati.
E chissà quando il vento mi restituirà agli adamantini fili d’un discorso verace, quando mi allontanerà dall’ingenua veste del mio ebete battesimo al moralismo!
Allora, non più devota ad una linea di sentenziosi sofismi, restituirò la libertà alla soffocata mia tirannia ed opprimerò quel buon senso rovinoso: affiderò la mia spietata condotta ai migliori sragionamenti animaleschi, e sarà delizioso, allora, non accorgermene.
Andrò al letto del tempo per urlargli addio: mi salverò dall’affannoso rincorrerlo.
Sarò senza percezioni, sarò l’ombra di me finalmente corsa lontano: ed io stessa correrò, pure azzoppata da un necessario cinismo della carne.
Ma persa dietro ad un atomo confuso tra falso e aspettazione, rimango qui.
Io sono ancora qui: nascosta dietro alla presunta scompostezza dei miei arti, ne assorbo la putrida essenza ed è delizioso, ora, non sentire altro.
Mi specchio in un dubbio d’esser solo di passaggio, e mi ubriaco di uno sfocato senso di me, risultato sillogistico d’una mezza esistenza.
Ebbra, vivo lentamente, e lentamente me ne torno via.

LAVINIA MANNELLI

1 commenti:

Anonimo ha detto...

"esperimento pittorico ed esistenziale", mi sembra che siano queste parole, insieme a una bella fuga dal tempo: proprio non si capisce "quando".

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